La recente sentenza TSAP 22/16 ha fatto il punto su un tema che interessa tutti i produttori idroelettrici, stabilendo che sono sottoposti a prescrizione quinquennale (e non alla più lunga prescrizione decennale) non solo i canoni per l’uso delle acque ma anche i sovracanoni destinati sia agli enti rivieraschi che ai bacini imbriferi montani ponendo fine a una incertezza – e anche a una differenziazione di trattamento – pregiudizievole per gli interessi della categoria.

Il settore è stato infatti tradizionalmente caratterizzato da una certa inattività (spesso dipendente da problemi organizzativi) dei Comuni rivieraschi e dei BIM, che hanno talora indirizzato richieste di sovra canoni arretrati risalenti a molti anni prima.
Il Tribunale Superiore delle Acque (confermando nella sostanza gli esiti cui era già pervenuto il TRAP in primo grado) ha in definitiva riconosciuto che canoni e sovracanoni (inclusi quelli rivieraschi per i quali una precedente sentenza risalente al 1985 aveva invece statuito la durata decennale della prescrizione), ancorché istituiti per rispondere a finalità diverse, condividono tuttavia l’identica natura di prestazione periodica e, per tale ragione, sono regolati dall’art. 2984, n. 4 cod civ., che fissa in 5 anni la durata del termine prescrizionale.
Soddisfatti gli avv.ti Mario e Bucello e Simona Viola, per i quali “la decisione ha un condivisibile effetto semplificante per i produttori, che ora sanno di non essere tenuti a corrispondere nessuno dei canoni e sovra canoni correlati alle loro derivazioni che non siano stati chiesti nei cinque anni precedenti. Cavilloso e ingiustificato sarebbe stato postulare una diversificazione di regimi oggettivamente incomprensibile e priva di ragionevoli giustificazioni. La certezza è sempre un vantaggio per il mercato e la minor durata del termine contribuisce certamente alla stabilizzazione dei bilanci delle imprese e al consolidamento delle situazioni e delle aspettative.”